SENTENZE - DETTAGLI

Sentenza del 24/05/2018

L’adesione a una nuova religione può essere vietata se crea disagio al minore

DIRITTO DI FAMIGLIA

La Suprema Corte con questa interessantissima sentenza del 24 maggio 2018 (n.12954), affronta il problema della scelta di un genitore di aderire ad un credo religioso. Nella fattispecie, il padre di una minore, al termine di una convivenza more uxorio, decideva di inserirsi nella comunità dei Testimoni di Geova, cercando in tutti i modi di portarla con sé negli incontri della comunità. Al termine del giudizio, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso con il quale quest’uomo ha impugnato la decisione che gli vietava di portare la figlia a dette manifestazioni.

La Suprema corte ha così confermato la decisone della Corte di appello di Firenze che aveva rilevato come la minore, ascoltata dal Tribunale di Livorno, avesse chiaramente manifestato “il proprio disagio a partecipare agli incontri, che si tengono il sabato sera presso il Tempio dei Testimoni di Geova”. Non solo, anche la psicologica, che era stata nominata quale Consulente Tecnico d’Ufficio, aveva ritenuto che “l’equilibrata crescita emotiva della bambina fosse pregiudicata dalle modalità attraverso le quali il padre intendeva portarla a conoscenza del proprio credo e sollecitarla a seguirlo, nel contempo inibendole di partecipare alle manifestazioni della religione cattolica nella quale è stata educata e che condivide con le sue amiche”.

Contro la decisione della Corte di Appello di Firenze, il padre aveva sollevato numerosi motivi di ricorso lamentando la violazione della Costituzione e della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

La Suprema corte, però, ha respinto ogni motivo di doglianza, sottolineando come: “il criterio fondamentale cui il giudice deve attenersi nel fissare le modalità dell’affidamento dei figli minori in caso di conflitto genitoriale è quello del superiore interesse della prole, stante il preminente diritto del minore ad una crescita sana ed equilibrata”.

Ciò implica che, per poter raggiungere questo obiettivo, possono essere adottati dei provvedimenti che arrivino anche a limitare il diritto di libertà individuale dei genitori qualora “la loro esteriorizzazione determini conseguenze pregiudizievoli per il figlio che vi presenzi, compromettendone la salute psico-fisica e lo sviluppo”. Ovviamente nel caso di specie i Giudici della Suprema Corte si sono ispirati a questi principi, considerato peraltro che la consulenza del CTU aveva chiaramente ritenuto che “il coinvolgimento nella pratica di tale religione è pregiudizievole per la minore”.


Avv. Stefano Sinisi

Documenti:
Cass. sent. 24.05.2018.pdf