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DICO: Attacco alla famiglia senza alcun vincitore

l disegno di legge presentato dal governo relativo ai “Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi” ci lascia alquanto perplessi sia da un punto di vista strettamente etico che da un punto di vista giuridico.
Da un punto di vista etico vogliamo subito sgombrare il campo da qualsiasi equivoco. La famiglia, cellula base di qualsiasi società esistente nel pianeta fin dal principio delle civiltà, si fonda sullo ius naturale che, in quanto tale, prevede l’unione di due esseri umani con specificità sessuali differenti. Essi con il loro incontro generano i figli che costituiscono i cives di ogni comunità e che si impegnano a rispettare regole e norme per far funzionare la società. Ad esempio nel nostro paese coloro che contraggono matrimonio, concordatario o civile che sia, si impegnano a rispettare, tra le altre norme, gli articoli 143, 144 e 147 del codice civile (quelli cioè che regolano diritti e doveri dei coniugi), vero nucleo fondante anche della più piccola comunità domestica. Un obbligo che non si riscontra in coloro che decidono liberamente di convivere e che per assurdo con i “Dico” ci sarebbe in quanto la stessa convivenza, così regolamentata, costringerebbe i conviventi ad impegni più o meno stringenti, più o meno attuali. Sempre in ragione dello ius naturale va poi precisato il timore, sinceramente non solo del mondo cattolico, che tale approccio legislativo voglia spianare la strada alle unioni tra omosessuali con ciò determinando quella relativizzazione dei sessi già ampiamente denunciata da Benedetto XVI che nel Suo discorso alla Curia Romana il 22.12.2006 disse: “Diventa così uguale il mettersi di un uomo e una donna o di due persone dello stesso sesso. Con ciò vengono tacitamente confermate quelle teorie che tolgono ogni rilevanza alla mascolinità e alla femminilità. C’è in questo un deprezzamento della corporeità, da cui consegue che l’uomo, volendo emanciparsi dal suo corpo finisce per distruggere se stesso”.

 

E le norme che andrebbero a vararsi contraddirebbero i fondamentali principi antropologici ed etici che sono radicati nella stessa natura dell’uomo.
Se quindi sul piano etico deve ribadirsi che è il diritto naturale che governa la vita plurimillenaria dell’essere umano e che deve governarla, fino a prova contraria, se una società vuole sopravvivere a se stessa, sul piano giuridico poi, davvero non si capisce cosa i “Dico” vogliano introdurre.
Preliminarmente va ricordato che nel nostro paese l’articolo 29 della Costituzione stabilisce che: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”.
Ebbene, i padri della nostra Carta Costituzionale, che tra gli altri si chiamavano Togliatti, Pertini, Moro, Dossetti, La Pira, Mortati, Calamandrei, Codacci Pisanelli, Leone, precisarono senza ombra di dubbio il primario ed insostituibile ruolo della famiglia, quale appunto società naturale fondata sul matrimonio.
E vogliamo sottolineare che questa definizione è stata la sintesi delle idee illuminate degli esponenti di tutti i partiti dell’epoca, espressione di fior di giuristi, economisti, intellettuali. Con questa premessa è allora estremamente facile capire il perché la famiglia, fondata sul matrimonio, sia irrepetibilmente unica e svolga un insostituibile ruolo sociale in Italia come ovunque.
Dunque, se su un piano etico l’unica forma naturale di unione è quella fondata sul matrimonio e sul piano giuridico è la stessa carta costituzionale che ne prevede forma e limiti, allora davvero non si può guardare che con grande sospetto all’operazione “Dico”.
D’altra parte non ci si stanca di chiederci quale fondamento giuridico ci sia alle spalle di questa proposta normativa, atteso che sarebbe stato sufficiente utilizzare ciò che è già previsto dalla legge ordinaria suffragata dalle pronunce della giurisprudenza di merito e di Cassazione per tutelare i diritti dei soggetti in questione. Qualche norma a parte si sarebbe potuta prevedere per le successioni e le locazioni ma certo non con questo polverone mediatico e con questo pasticcio legislativo. Prova ne sia che il delicato nodo delle pensioni, legato al problema della reversibilità della persona superstite, è stato delegato ad altra futura regolamentazione da inserirsi nel quadro della riforma delle pensioni visto che i promotori di questo disegno di legge hanno ben capito l’impossibilità di regolamentare tale materia in quest’ambito.
Ed allora possiamo serenamente sostenere che non sono queste le cose urgenti che il Parlamento dovrebbe affrontare a fronte di molteplici problematiche difficili ed urgenti in cui versa il nostro paese e particolarmente la famiglia.
Le priorità sono ben altre e possono sintetizzarsi in un aiuto alle famiglie tradizionali, in un aiuto a quelle più povere con serie politiche per i giovani, in una seria politica per le agevolazioni per la prima casa e per il lavoro, senza bonus estemporanei per i bebè, puntando piuttosto sull’educazione al matrimonio che si traduca in un punto di riferimento certo per i giovani: ossia un impegno responsabile e duraturo tra due persone consapevoli e mature che devono assumersi pubblicamente diritti e doveri innanzi alla società per contribuire alla sua crescita nella cooperazione reciproca.
Infine, forse maliziosamente, si potrebbe insistere nel pensare che la proposta dei “Dico” sia solo il pretesto (forse ideologico) per aprire al matrimonio tra omosessuali con tanto di diritto all’adozione. Non ci stupiremmo. Ma neanche si potrebbe allora pretendere che una barbarie giuridica di tal fatta, che potrebbe avere effetti nefandi e traumatici soprattutto sui bambini, possa lasciare indifferenti non solo i cattolici ma anche i laici con un pizzico di buon senso (e quali operatori del diritto in questo settore abbiamo vivide davanti agli occhi le sofferenze dei figli delle coppie eterosessuali).
Pertanto auspichiamo che questo disegno di legge fallisca in Parlamento e che piuttosto si cerchi veramente, con coraggio, di aiutare la famiglia, approntando, eventualmente, strumenti giuridici efficaci a tutela dei conviventi, senza mescolare artificiosamente (e con una sottile strategia semantica) il matrimonio con altre e diverse forme di convivenza.