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Non votare: scelta responsabile e coraggiosa !

Il 12 e 13 giugno gli italiani esprimeranno il loro voto sui quesiti referendari relativi alla procreazione medicalmente assistita.
Particolarmente complessi ed importanti.
Eppure, nonostante la grancassa dei radicali, si è fatta tanta confusione sul diritto di chi non vuole votare, tra cui i cattolici e coloro che nel dubbio scelgono la vita.
La legge 40/2004 forse non sarà la migliore delle leggi, è perfettibile ma è almeno un punto fermo nel così detto “far west procreativo”.
Va però premesso un concetto fondamentale: non tutto ciò che è scientificamente possibile può essere poi moralmente lecito perché, così facendo, la scienza finirebbe per autodisciplinarsi creando una posizione del tutto inaccettabile. Difatti, oltre ad un “diritto al figlio” esiste un ben più rilevante “diritto del figlio” che, nel caso del concepito, deve essere scrupolosamente regolamentato.

 

Detto ciò, pur non volendo entrare nel merito scientifico dei singoli quesiti, per altro incomprensibili, vale però la pena spendere due parole sul concetto del non voto.
Traggo lo spunto da un’intervista al Prof. Loiodice, professore di diritto costituzionale, di recente pubblicata su Avvenire.
Occorre subito sgombrare il campo da un equivoco. Non votare non costituisce violazione di un dovere civico.
Ha ragione il Prof. Loiodice quando afferma che, al contrario del voto politico, cui fa riferimento l’articolo 48 della Costituzione e che allude al dovere di ogni cittadino di dare il proprio contributo alla vita del governo del paese, il voto del referendum ha una valenza molto diversa. Infatti presuppone che il cittadino, a differenza del voto politico, in cui sceglie un candidato, nel caso dei referendum deve scegliere innanzitutto se andare o meno a votare. Cioè è chiamato a valutare se la richiesta proposta sia o meno accettabile e se meriti il proprio impegno, tempo e disponibilità.
La stessa Costituzione ammette tale possibilità, poiché ritiene nullo il referendum se non vota la maggioranza degli aventi diritto al voto più uno (art. 75).
In questo caso i quesiti referendari vengono automaticamente respinti e si qualifica così un quanto mai efficace doppio voto negativo. Un no nel merito e un no al metodo.
Ovviamente non c’è alcun obbligo di votare, né discendono sanzioni e l’astensione ha la stessa dignità giuridica e civica della partecipazione.
E’ quindi evidente che l’invito che il “Comitato Scienza & Vita” (composto da scienziati, medici, giuristi, politici) e la Chiesa rivolgono, è assolutamente lecito.
Quando il Cardinal Ruini affermò che: “per esprimere più efficacemente il rifiuto del peggioramento della legge, sembra giusto avvalersi di tutte le possibilità previste in questo ambito dal legislatore” (n.6), non fece altro che ricordare un diritto fondamentale del cittadino: quello di poter scegliere di votare senza votare, specialmente “in una materia in cui sono in gioco la dignità specifica e alcuni fondamentali diritti e interessi della persona umana” (n.6).
Pertanto, di fronte ad una norma che non difende pienamente la vita umana, è lecito operare nell’ottica della “riduzione del danno”, sostenendo cioè una legge che, pur non perfetta, produce un male minore rispetto all’assenza della stessa. Il cardinal Ruini non ha quindi “ordinato” il non voto ma ha invece ricordato, in coerenza con il Magistero della Chiesa, che i cattolici, assumendosi responsabilmente il compito di cittadini, avrebbero dovuto cercare di impedire il peggioramento della legge n.40 con tutti i mezzi legalmente possibili.
Quindi, ha ancora ragione il Prof. Loiodice, quando sostiene che più che di astensione si può parlare di libera determinazione al non voto di una larga maggioranza di persone che ritengono sbagliato il merito e il modo in cui si affronta un argomento così delicato.
Di conseguenza, mentre chi vota esprime la propria opinione nel segreto dell’urna, chi non vota manifesta con maggiore coraggio il proprio dissenso.
Dinanzi all’estrema difficoltà scientifica, etica e morale di questa materia è molto superficiale chiedere al cittadino di entrare nel merito di una legge così delicata, stravolgendola da una parte ma non chiamandolo (e come potrebbe?) a rielaborarne il testo dall’altra!
Ma allora, se non votare è lecito, perché tanto accanimento in chi invita a votare, fosse anche e solo per esprimere il proprio no? Chi vorrebbe votare no perché dovrebbe farlo? Se ha già deciso che i referendum devono fallire, perché votare?
Non vuol ‘per caso’ certa parte politica tentare di raggiungere il quorum giovandosi della buona fede dell’elettore?
E non è che sempre ‘per caso’ il comitato referendario punta al rimborso previsto per legge, stimato in ben €.1.033.000, che non incasserebbe in caso di sconfitta?
Personalmente ritengo che chi è contrario ai referendum non deve votare, né prestare troppa attenzione alle bacchettate dei soliti radicali e di certi politici che ci vorrebbero cattolici adulti in certe occasioni e bambini in altre, visto che l’invito all’astensione in altri tempi è stato ben più esplicito (Fassino invitò a non votare nel referendum per estendere le garanzie dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori anche alle piccole aziende e Bertinotti invitò al non voto in occasione del referendum per l’abolizione del proporzionale).
Una risposta va data anche a chi ha scritto, scandalizzandosi, che con l’intervento della Chiesa a favore dell’astensione si violerebbe addirittura il Concordato tra Stato e Chiesa !
Naturalmente non c’è alcuna violazione. Il testo dell’accordo di revisione del 1984 “aggiorna” i rapporti reciproci, specificando che lo Stato e la Chiesa sono ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani e si impegnano “alla reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese” (art.1).
Sarebbe invece, questo sì contra legem, impedire a dei cittadini italiani, seppur porporati, di esprimere il proprio pensiero liberamente per la promozione dell’uomo ed il bene del Paese. I 21 anni di riunioni della CEI senza alcun incidente diplomatico dimostrano l’infondatezza di tale paventata violazione.
Benedetto XVI nel 2002 ha scritto: “Vivere e agire politicamente in conformità alla propria coscienza non è un succube adagiarsi su posizioni estra¬nee all’impegno politico o su una for¬ma di confessionalismo, ma l’espressio¬ne con cui i cristiani offrono il loro coerente apporto perché attraverso la politica si instauri un ordinamento sociale più giusto e coerente con la dignità della persona umana”. Per questo ribadisco che non bisogna andare a votare cercando di riformare una legge così complessa, discussa in 3 legislature e approvata con quasi 2/3 di voti bipartisan.
Chiudo con una provocazione: “Esiste un limite nella manipolazione dell’embrione: anche nell’embrione c’è un progetto di vita e anche nella dimensione più elementare della vita c’è un principio di umanità che va tutelato e difeso”. Massimo D’Alema, Famiglia Cristiana 8.11.1998. Oggi impegnato nella compagna per il SI. Bizzarro, vero?