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Articolo del 12/04/2014

Rapporto Caritas 2014/Se la coppia scoppia la povertà è in agguato - 12 aprile 2014 L'ora del salento

Un intero capitolo sulle condizioni di vita dei genitori separati. Il parere del matrimonialista Stefano Sinisi.

Il concetto di povertà oggi ha assunto molte­plici sfaccettature. Alla crescita dell’insta­bilità del reddito da lavoro corrispondono insicurezza economica, mancanza di prospet­tive, precarietà in ogni fase della vita. Con la divaricazione della forbice delle persone colpite dal fenomeno, è entrato in auge il concetto di “nuova povertà” che descrive la condizione di chi vive i presupposti dell’esclusione sociale a causa di un reddito basso.

 

A risentire della situazione non sono solo gli emarginati e le persone collocate al livello di povertà assoluta, i giovani, non più protetti dalla famiglia, o gli anziani. Nell’ultimo Rapporto 2014 della Caritas sulla povertà è stata pubblicata la prima indagine nazionale sulla condizione di vita dei genitori separati a cui viene dedicato un intero capitolo. Se da un lato la ricerca ridi­mensiona il fenomeno che sta suscitando molta agitazione negli ultimi tempi, dall’altro però ha riconosciuto dei campanelli d’allarme da non sottovalutare, soprattutto per quanto riguarda il trend in aumento delle separazioni e per la critici­tà dell’evento che porta con sé processi dolorosi che incidono negativamente su molti aspetti della vita quotidiana.

LA LEGGE 54 DEL 2006

L’avv. Stefano Sinisi, avvocato matrimoniali­sta a Maglie, afferma che per quanto riguarda la crescita delle separazioni e dei divorzi e i conseguenti disagi dovuti al fenomeno, il nostro territorio segue il trend nazionale. Quasi sempre sono gli uomini ad essere più vulnerabili. L’entra­ta in vigore della legge 54 del 2006 che stabilisce la possibilità dell’affidamento congiunto dei figli, è stata di certo rivoluzionaria. Tuttavia, ad oggi, la maggior parte delle volte la prole rimane a vivere con la madre ed il Giudice, dovendo avere in massima cura il benessere dei figli minori, tendenzialmente, assegna la casa coniugale alla moglie proprio per tutelare l’habitat in cui la prole è cresciuta e risparmiarle quindi il trauma di un doppio distacco (genitoriale ed ambienta­le), mentre gli assegni di mantenimento gravano generalmente sul marito che si può trovare ad affrontare spese al di sopra delle proprie pos­sibilità economiche. Così può accadere che il coniuge obbligato al mantenimento possa perdere il lavoro, dovendo “sulla carta” continuare a ga­rantire il mantenimento, salvo che non si rivolga al Tribunale per rivalutare la propria posizione, anche se nei tempi di giustizia che non sono certo così rapidi.

DUE STORIE SALENTINE

Esplicativi gli esempi che di seguito descriviamo, tratti da due storie realmente accadute nel nostro territorio: Un uomo, padre di tre figli, proprietario dell’im­mobile, casa coniugale gravata da rata mensile del mutuo, riceve la lettera dell’avvocato della moglie, per la separazione. La stessa lascia la casa coniugale con i suoi bambini. Il Giudice della separazione assegna la casa coniugale alla madre, pur sempre una libera professionista, in ragione della tutela dei figli piccoli, e fissa un assegno di mantenimento a favore degli stessi. Il padre quindi, da uno stipendio normale dovrà pagare l’assegno di mantenimento per i bambini, oltre che il mutuo e l’affitto della nuova casa dove deve andare a vivere. In conclusione: allo stato gli rimangono poco più di 150,00 euro per vivere ogni mese.

Un uomo, in mobilità, padre di due bambini, subisce la separazione da parte della moglie. Nelle more della separazione, viene messo in cassa integrazione in quanto la ditta dove lavora è in profonda crisi. Quindi la stessa fallisce. I bam­bini vengono affidati alla madre. Il padre, viene gravato dell’assegno mensile di mantenimento e, non riuscendo più a sostenere l’affitto della casa che si era trovato dopo la separazione, torna a vi­vere presso casa dei suoi genitori ultra settantenni che lo devono aiutare con la loro pensione.

LITI CONIUGALI E REATI PENALI

L’avv. Sinisi commenta: “C’è una situazione di grande sofferenza dovuta alle separazioni. Ciò che emerge oggi è che in una situazione globale come quella che l’intero pianeta vive, di pro­fonda crisi economica, i conflitti intrafamiliari si acuiscono sempre di più. E’ un dato oggettivo l’aumento delle separazioni in tempo di crisi economiche. Questo perché la difficoltà quotidia­na di far ‘quadrare’ il bilancio familiare, porta, inevitabilmente, all’aumento della litigiosità, oltre che alla mancanza di tolleranza nei rapporti interpersonali, tra i coniugi. In questo contesto, ecco aumentare le separazioni e, di conseguenza, aumentare anche le singole povertà. In concreto, mentre prima un nucleo viveva con un singolo affitto e condivideva uscite ed entrate, dopo, con la separazione, vedrà aumentate le spese, che si raddoppiano, andando di fatto a gravare sul coniuge, generalmente il marito, che deve badare alla famiglia ‘spezzata’, oltre che alla propria sopravvivenza.

Ciò porta anche un’altro danno ‘collaterale’ che è ben noto a noi matrimonialisti, ma che è facilmente ricavabile dalla semplice lettura quotidiana dei giornali: la stragrande maggioranza dei reati contro la persona (i c.d. fatti di sangue), coinvolgono situazioni che derivano da separazioni, divorzi, coppie non coniugate intente a litigare per i figli. La verità è che la patologia del rapporto di coppia è già di per sé terribile e coinvolge gli aspetti più intimi e terribili dell’uomo, inteso in senso di genere, ma si amplia a dismisura, se contestualizzato in un momento storico come quello attuale di grave crisi economica”.

INSTABILITÀ CONIUGALE E POVERTÀ

Secondo l’avv. Sinisi, quindi, sarebbe la crisi economica a contribuire all’aumento delle separazioni e dei divorzi, tuttavia è vero anche che l’instabilità coniugale accresce la povertà. Comunque, sarebbe riduttivo parlare di sole necessità economiche. L’avv. Sinisi ha accennato all’esasperazione che spinge alle tragedie fami­liari che colorano di nero le cronache. In effetti, a ben vedere, i disagi che seguono le separazioni, come confermato anche dal Rapporto Caritas, coinvolgono almeno tre aree: ambito mate­riale; l’area psicologico-relazionale; l’ambito della genitorialità. In tutto questo, secondo le statistiche, è la famiglia di origine il luogo di rifugio preferito (come nel secondo esempio che abbiamo sopra indicato), non solo come forma di sostegno economico, ma anche emotivo.

Quando il sostegno familiare viene meno, diventa difficile affrontare da soli una separazione coniugale e la necessità di un intervento più presente nel terri­torio sarebbe perciò auspicabile. Se è vero che nelle metropoli il costo della vita è più alto ed è più accentuata la solitudine, in città più piccole come Lecce, di contro, è più difficile trovare lavoro e sono poche le misure sociali di sostegno per la gestione della crisi di coppia. Nel Rapporto Caritas sono menzionati i bisogni ‘espressi’, ma anche quelli ‘intercettati’ e su questi occorre una maggiore attenzione perché sono nascosti, ma ugualmente rilevanti rispetto a quelli dichiarati esplicitamente. Occorre costituire spazi per l’in­contro genitore-figlio; più strutture per limitare le difficoltà abitative; occorrono ambiti di media­zione per la gestione dei conflitti e per l’ascolto; maggiore attenzione alle sintomatologie legate a disturbi psicosomatici: ansia, depressione, stress che la separazione comporta.

SEPARAZIONI E SOLIDARIETÀ

Una società ideale, suggerita dal Rapporto Cari­tas e condivisibile, sarebbe quella che partendo da una visione reticolare della società, auspica, una maggiore collaborazione delle reti esisten­ti, primarie e secondarie, formali ed informali, nell’ottica della sussidiarietà e del mutuo-aiuto che possano se non ridurre il fenomeno delle separazioni, perlomeno contenerlo e gestirlo. 

FONTI: L'ora del Salento