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Cassazione: novità sulla delibazione

La Suprema Corte di Cassazione con questa interessantissima sentenza, la n. 16379 del 17 luglio 2014, ha risolto a Sezioni Unite un contrasto giurisprudenziale che era stato sollevato dalla Prima Sezione.

In estrema sintesi, i giudici delle Sezioni unite, presieduti dai Presidenti Dott. Rovelli, Dott. Luccioli e Dott. Rordorf hanno stabilito che, ove la convivenza matrimoniale si sia protratta per almeno tre anni dalla data di celebrazione del matrimonio concordatario, si crea una situazione giuridica disciplinata da norme costituzionali, convenzionali e ordinarie di ordine pubblico italiano, che sono fonti di diritti inviolabili, di doveri inderogabili, di responsabilità, anche genitoriali, e di aspettative legittime tra i componenti della famiglia.

 

Da ciò ne consegue che non può essere dichiarata efficace nello Stato Italiano la sentenza di nullità matrimoniale pronunciata in sede ecclesiastica per qualsiasi vizio genetico acclarato per contrarietà all’ordine pubblico interno italiano.

Importante limite viene stabilito nella misura in cui l’eccezione relativa dovrà essere sollevata dalla parte che abbia interesse a farla valere nel giudizio di delibazione, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta, in quanto non può essere eccepita né dal Pubblico Ministero interveniente nel processo, né dal Giudice della delibazione dal punto 4, lett. B), n.3, del Protocollo Addizionale del 1984.

Inoltre, viene stabilito che il giudice della delibazione potrà autorizzare una attività istruttoria secondo i principi dell’ordinario giudizio di cognizione, ma sempre con particolare rigore e con il dovere di rispettare il divieto di riesame del merito della sentenza canonica già imposto al Giudice della delibazione.

In conclusione, ciò che viene messo in risalto è quindi proprio il concetto di convivenza, quale aspetto essenziale del matrimonio-rapporto, durante la quale vengono alla luce diritti inviolabili ed inderogabili, oltre a responsabilità e aspettative legittime di tutti i componenti della famiglia. E l’innovativa sentenza in questione individua, sulla base delle norme costituzionali, della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e del codice civile, la durata massima di tre anni.

Avv. Stefano Sinisi